Il visibile e l’invisibile, fra arte e scienza
I rapporti fra arte, scienza e tecnologia appartengono ai fondamenti della civiltà occidentale e hanno attraversato la storia della cultura delle immagini. Non dovrebbe stupire quindi lo stimolante progetto promosso dall’Accademia di Belle Arti “Giacomo Carrara” di Bergamo con l’Istituto di Tecnologie biomediche del CNR, curato dal professor Agustin Sanchez, che vede coinvolti giovani artisti, in buona parte diplomati dell’Accademia “Giacomo Carrara”, già attivi nel “mondo dell’arte” da alcuni anni, all’interno di laboratori di eccellenza scientifica e tecnologica.
Se il rapporto fra arte e scienza è antico e fondante all’interno della nostra cultura, nuovi sono i modi, le forme e i mezzi con cui dialogano oggi le categorie e le pratiche dell’arte e della scienza, perché nuovi sono i compiti e i ruoli assunti dall’arte e dalla scienza nella nostra società. Se la scienza ha assunto ormai in buona misura il ruolo di disciplina dominante nella ricerca della verità, assimilando al suo interno molte questioni e problemi di natura metafisica tradizionalmente attribuiti alla filosofia, l’arte, in quanto produzione di immagini aperte, aporetiche, costitutivamente irrisolte (e proprio per questo feconde di senso), incontra necessariamente i problemi e le immagini della scienza, traducendoli e trasportandoli nel proprio orizzonte espressivo e poetico.
Le stesse discipline che studiano l’ampio spettro delle immagini contemporanee, dalla storia dell’arte all’estetica, dalla critica d’arte e ai visual culture studies, si occupano con rinnovato interesse di tutte quelle immagini che non sono definibili nei termini del concetto occidentale di arte: immagini non artistiche, destinate a veicolare informazioni (informational images) o a costruire modelli euristici dei fenomeni della realtà (come i grafici, le tabelle, gli schemi, le mappe, le figure geometriche, la tavole astronomiche, i disegni tecnici, il medical imaging, i sistemi di notazione), tradizionalmente oggetto della storia della scienza o della storia dei media, e tuttavia ricche di significati espressivi, di qualità estetiche, di uno stile, di intonazioni affettive.
Le immagini della scienza e della tecnologia contemporanea impiegano processi simbolici di visualizzazione di fenomeni tanto invisibili quanto reali e decisivi, per le loro implicazioni etiche e antropologiche oltre che estetiche, lavorando in un certo senso su un binario parallelo rispetto all’arte. Le immagini mediche, ad esempio, interrogano il cono d’ombra, il risvolto invisibile delle rappresentazioni del corpo tradizionalmente associate alle arti visive. O ancora, la recente conferma e verifica sperimentale della presenza delle onde gravitazionali nell’universo (premiata con il premio Nobel per la fisica nel 2017) suggerisce riflessioni estetiche riguardanti le condizioni sensibili che permettono di ‘ascoltare’ e di ‘vedere’ questi fenomeni, superando la soglia della loro invisibilità.
Raccontare l’invisibile, dunque, come recita il titolo del progetto: un titolo poetico e al tempo stesso profondo, puntuale, preciso. Appartiene alla scienza contemporanea infatti il compito di esplorare l’invisibile, l’infinito e l’ignoto nelle sue diverse discipline, cercando di tradurlo in processi, schemi, modelli visibili, chiari e decodificabili: dall’astrofisica che interroga la materia oscura e l’energia oscura alla biologia cellulare che studia la riprogrammazione cellulare, dalla genomica fino alle neuroscienze e all’epidemiologia, che affrontano i processi neurodegenerativi di patologie drammaticamente “contemporanee” come l’Alzheimer o il Parkinson. È su questo stesso delicato crinale fra invisibile e visibile, fra insondabile e percepibile che si colloca anche la ricerca artistica contemporanea, come è testimoniato dai progetti selezionati, che si confrontano con le sfide e gli interrogativi posti in particolare dalle odierne scienze della vita.
All’interno di questo percorso di confronto reciproco, l’artista contemporaneo guarda alla scienza e alla tecnologia non più soltanto come a una fonte possibile di ispirazione estetica, come è probabilmente avvenuto soprattutto nella prima metà del Novecento. L’arte trova nella scienza un terreno di ricerca, un campo di conoscenze e di produzione culturale affine al proprio, nella misura in cui intende porsi come operatore culturale immerso nella viva concretezza del presente.